CUORE VIVO (2011)

Titolo: Cuore Vivo

Anno: 2011

Casa discografica: Segnali Caotici

Tipo: Raccolta di brani rifatti (+ 2 inediti)

Valutazione personale (da 1 a 5): 

 

I Nomadi:

Beppe Carletti - Tastiere
Cico Falzone
- Chitarre
Daniele Campani
- Batteria
Danilo Kakuen Sacco
- Voce e Chitarra
Massimo Vecchi
- Basso e Voce
Sergio Reggioli
- Violino, Percussioni e Voce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le canzoni:

 

- Toccami il cuore (Inedito/Singolo) (Carletti/Vecchi/Cerquetti/Trentacarlini)
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Non dimenticarti di me (Mogol/Lavezzi)
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Un figlio dei fiori non pensa al domani (Davies/Davies/Guccini)
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Isola ideale (Carletti/Contini)
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Cosa cerchi da te (Inedito) (Carletti/Vecchi/Cerquetti/Trentacarlini)
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Noi (Guccini/Deponti)
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Un po' di me (Carletti/Albertelli)
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La storia (Carletti/Contini)
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Mamma giustizia (Fiastri/Ranieri/Ortolani)
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Fatti miei (Salerno/Tavernese)

 

Recensione: Se "RaccontiRaccolti" era riuscito a raffreddare la delusione per la mancanza di un disco di inediti, la stessa cosa non accade (non totalmente) con "Cuore Vivo". Mentre nel primo, infatti, troviamo delle splendide perle, spesso interpretate e suonate magistralmente, il nuovo disco dei Nomadi mi sembra un po' sottotono. C'è qualcosa di buono, quasi ottimo, ma è pur sempre "qualcosa". Mi aspettavo molto di più, sinceramente, dal primo disco da "indipendenti" dei Nomadi.

La scelta degli otto brani storici è caduta sul decennio 1967-77. Da apprezzare la mancanza di canzoni troppo famose e ormai quasi "usurate" dalle incisioni e riproposizioni live. Ma non basta.

Da un primo, rapido ascolto del disco, a mio parere emerge subito un particolare non da poco: troviamo, infatti, un Danilo leggermente ridimensionato nell'assegnazione dei brani. Massimo, con le sue tre esecuzioni da solista, ne esce invece evidentemente rafforzato, ancor di più se si evidenzia il suo apporto anche nel writing degli inediti (presente in entrambi). La canzone assegnata a Sergio, poi, ci annuncia ufficialmente la sua entrata come uno dei "vocalist" ufficiali del gruppo. C'è da aspettarsi, a questo punto, anche una sua partecipazione come Voce al prossimo album di inediti. E proprio per l'album di inediti, allora, c'è da chiedersi quale sarà il ruolo di Danilo, fino ad "Allo Specchio" dominatore assoluto della Voce Nomade.

Ma arriviamo all'analisi del disco: un album di brani rifatti, dunque. Sinceramente non ne sentivamo il bisogno. Ma questo è quanto...

Il disco si apre con il primo dei due inediti: "Toccami il Cuore".  La canzone è gradevole; un riff di tastiere anticipa la splendida voce di Danilo, accompagnata nella strofa dall'ottimo basso di Massimo, in evidenza. Il ritornello è azzeccato, come anche l'effetto eco su "...vivo...".  Tutto bene, quindi? Direi di no: sul sito ufficiale la canzone viene presentata come la versione più intimistica di due canzoni forti e potenti di qualche anno fa: "Sangue al cuore" (2002) e "Io voglio vivere" (2003). Io ci aggiungerei anche qualche altra canzone... ed è questo il punto: poca originalità nel testo, ormai già sentito e risentito. Piccola nota stonata anche nella parte musicale: il finale "elettronico" era senza dubbio evitabile. Resta comunque un buon pezzo se preso singolarmente e non collocato nella visione di "nuovo dei Nomadi", perché di nuovo, come detto, non c'è davvero niente.

Arriva così la seconda canzone, il primo degli otto brani storici scelti. "Non dimenticarti di me" è una canzone davvero stupenda, che non ha bisogno di presentazioni. Cantata da Augusto o da Danilo, il brano rende sempre tanto, e ci fa capire quanto erano preparati, capaci e obiettivi i giudici del Sanremo '71, dove fu presentata (e bocciata immediatamente) la canzone. Storie di ordinaria incompetenza (storie italiane, per esser più chiari). Ma veniamo alla versione presente nel disco: è la batteria di Daniele, stavolta, ad aprire il pezzo. Il riff è della chitarra di Cico, che accompagna la strofa con l'acustica, insieme al pianoforte di Beppe. La voce di Danilo è in crescendo, fino al ritornello. Nel finale, ascoltiamo anche qualche accenno del violino di Sergio. Dunque una bella versione di una bella canzone, che si allontana totalmente da quella proposta fino a qualche tempo fa, che vedeva impegnati solo il pianoforte di Beppe e la voce di Danilo.

"Un figlio dei fiori non pensa al domani" si apre con un riff di pianoforte (sembra accompagnato da un "battere" che accompagna ogni singola nota). L'arrangiamento nella strofa non si allontana molto dalle versioni riproposte dal vivo, ed è nel ritornello che troviamo la novità: al posto dell'originale "La... la... la...", e delle tastiere di Beppe di qualche anno fa, ecco la chitarra elettrica di Cico. Perfetta la voce rockeggiante di Massimo, sempre molto presente anche col basso, che va a chiudere il pezzo ripetendo più volte "Un figlio dei fiori non pensa al domani". Buona prova.

È la volta della canzone affidata alla voce di Sergio: "Isola ideale". Breve riff di chitarra elettrica, accompagnata da pianoforte e acustica, con accenni dei piatti di Daniele: è questo l'intro che anticipa la voce di Sergio. Il polistrumentista dei Nomadi se la cava egregiamente anche con la voce. La chitarra elettrica di Cico prova a farsi spazio subito dopo il ritornello (molto bello), ma è nel minuto finale che ci regala un bell'assolo, fino alla dissolvenza. Insomma, una bella versione di una canzone che fino a qualche anno fa era stata completamente dimenticata. Voglio ricordare, infatti, che prima dell'apparizione nella doppia raccolta della EMI "Nomadi The Platinum Collection" del 2003, "Isola Ideale" era disponibile soltanto sulla Musicassetta "Tutto a posto" del 1974 e sul relativo 45 giri.

Arriviamo al secondo inedito, "Cosa cerchi da te". L'apertura del pezzo è una delle più particolari in assoluto: bell'intro di batteria di Daniele, che va ad anticipare un inizio strumentale molto simile a quello di "Contro" versione live, quasi a richiamare il suono delle cornamuse (suppongo effetto dato dalle tastiere di Beppe, visto che non appaiono cornamuse nel libretto del CD). La batteria di Daniele, intervallata dall'elettrica di Cico, continua a martellare durante la strofa (buona) cantata da Massimo. Arriva poi il ritornello, e ci ritroviamo di fronte a suoni e melodie fin troppo conosciute. Orecchiabile, carino, ma musicalmente non ci allontaniamo di un millimetro dal classico ritornello. Particolare, invece, la chiusura col violino "sporco" di Sergio. Per quanto riguarda il testo, poi, così come per "Toccami il cuore", niente di nuovo. A mio parere, seguendo la strada del cantare la vita, le scelte di vita, e ancora la vita... i Nomadi rischiano di diventare ridondanti negli argomenti proposti. Un po' a malincuore, poi, penso di aver capito - visti i due inediti, dove se non con entrambi, ma almeno con uno dei due si poteva osare, sperimentare... - che il nuovo corso "indipendente" non ha intenzione di tornare al periodo di denuncia, di protesta, di testi e temi forti che pian piano, col passare degli anni, hanno lasciato gradualmente il campo all'argomento "Vita" e "Voglia di vivere" in generale. Spero di venire smentito in futuro...

Tastiere "vintage" e basso pressante per l'intro di "Noi". L'entrata della chitarra elettrica e della batteria ci regalano un ottimo inizio di un pezzo che molti ricorderanno nel duetto Augusto-Guccini di "Album Concerto" del 1979. Tastiera e chitarra elettrica accompagnano la voce di Danilo durante la strofa, fino ad arrivare al bel ritornello. Ed è dopo il secondo ritornello che arriva prepotente la chitarra di Cico nell'ottimo assolo, che a sua volta anticipa la nuova entrata della voce di Danilo con l'inciso. La canzone si chiude con l'esiste solo sound ripetuto da Danilo sulla bella parte strumentale finale. Bella canzone, che ha l'unica pecca di avere un testo troppo breve e ripetitivo.

Il violino di Sergio apre "Un po' di me", che torna subito dopo la prima strofa. Canzone soft, che spicca il volo soltanto grazie alla splendida voce di Danilo: grande prova durante tutta la canzone. Qualche riserva sull'inserimento di questa canzone l'avrei. Non si tratta di un brutto pezzo, ma a mio parere la riproposizione di questa canzone non regala nulla al repertorio dei Nomadi, ancor meno al disco. A discapito di "Un po' di me", nel periodo 67-77 si poteva pescare qualche chicca molto più interessante e particolare. Sbirciando soltanto in "Un giorno insieme" da cui è stata tratta, per esempio, non sarebbe stato più d'effetto una riproposizione di "Icaro"?

Arriviamo quindi a uno dei pezzi più riusciti del disco: "La Storia". La canzone si apre con il violino di Sergio, per poi continuare con la strofa cantata quasi con rabbia da Massimo, sullo sfondo di un basso molto presente, così come nell'originale. Sul ritornello troviamo una piccola ma importante differenza rispetto all'originale: gli accordi accorciano il pezzo tra un pausa e l'altra dell'ormai classico "Siamo la più gran città dell'intera umanità..."; la scelta è azzeccata, visto che rende il ritornello più fluido e rock, perfetto per la voce di Massimo. Nella parte finale della canzone, da sottolineare il bel violino di Sergio, e l'arpeggio che ha accompagnato ogni fine ritornello. Una grande canzone, pescata da un grande disco, lo splendido "Noi ci saremo". E restando sempre sull'album del 1977, sarebbe bello se i Nomadi rivalutassero ancor di più questo disco (già ampiamente celebrato, bisogna darne atto ai Nomadi), riproponendo per esempio una canzone come "Vorrei parlare", molto particolare negli arrangiamenti già all'epoca.

Arriva subito dopo un'altra grande canzone dei Nomadi: "Mamma Giustizia". La particolare tastiera di Beppe (che riprende l'originale) accompagna la voce di Danilo. Sullo sfondo gli altri strumenti aspettano il ritornello per esplodere, ben cantato da Danilo. La chitarra di Cico interviene da solista subito dopo il ritornello. Ottima la prova anche di Daniele, come in tutto il disco. La parte strumentale nel finale, è forse la parte musicale migliore del disco, con un grande Cico accompagnato alla grande da Daniele e da tutti gli altri.

Il disco si chiude con "Fatti miei". Un tamburellare e un fischiettio (Danilo) del motivo della canzone aprono il pezzo. Ottimo il violino di Sergio e l'interpretazione divertita di Danilo. La canzone è divertente e orecchiabile, ma così come con "Un po' di me", la scelta sarebbe potuta cadere probabilmente su un pezzo più particolare e originale, sempre dello stesso disco di "Fatti miei": che dire, per esempio, dell'allucinata e nostalgica "Ritornerei"?

In definitiva, un disco di gran lunga superiore al "collega" del 1999, "SOS Con rabbia e con amore", ma che lascia insoddisfatti per due ragioni: la prima riguarda i singoli, orecchiabili, belle canzoni, ma che non hanno nulla di diverso dal corso "Dipendente" da una Casa Discografica degli ultimi anni. Canzoni che sugli argomenti si ripetono e non aggiungono praticamente nulla al repertorio, anzi, magari tolgono qualcosa allo spirito critico e di denuncia dei testi di qualche anno fa. Ma i Nomadi, si sa, sono un gruppo musicale e non un partito politico, dunque c'è da rispettare alcune scelte, anche in virtù di molti apprezzamenti (quasi trionfalistici, vicini all'osannazione da capolavoro) di molti fans del gruppo. C'è quasi da invidiarli...

Il secondo motivo riguarda le scelte della canzone, ma non riesco a farne una colpa ai Nomadi. La loro scelta è stata incentrata sul decennio 67-77: quindi, escludendo tutto il repertorio 80-90, so benissimo che se avessero scelto una o l'altra canzone del decennio in questione, mi sarebbe venuta in mente quella o quell'altra canzone che a mio parere sarebbe stata meglio nel disco. Dunque: avrei preferito l'inserimento di qualche canzone a discapito di qualche altra, ma questa è soltanto una questione personale. C'è comunque da fare i complimenti al gruppo di Beppe, per la scelta di canzoni non famosissime, e alla fine tutte belle.

Ci sarebbe da aggiungere un altro motivo, ma più che di insoddisfazione quasi di preoccupazione: analizzando gli ultimi anni della storia dei Nomadi, ci ritroviamo a constatare che dal 2003 sono soltanto 3 gli album di inediti. Tre album di inediti in 8 anni. Certo, sfornare un album all'anno non è il massimo e quasi mai sinonimo di qualità, ma tre dischi di inediti dal 2003 a oggi sono davvero pochi.

Chiudiamo parlando dell'indipendenza: con l'uscita di questo disco, il cambiamento si è visto soltanto per quanto riguarda la scelta dei brani storici. Sarebbe stato difficile per una grande casa discografica rinunciare alla possibilità di propinarci l'ennesima versione di "Io vagabondo" perché, si sa, "Io vagabondo" è bellissima... e vende. Soprattutto vende.

La mano dell'indipendenza discografica, però, come già accennato non si è vista negli inediti. Insomma, i Nomadi stanno per festeggiare i 50 anni di storia, e credo che abbiano raggiunto ormai lo status di "Mito della Musica Italiana." Dunque... i Nomadi, a questo punto della loro carriera, con il seguito imponente che hanno, potrebbero permettersi di tutto. L'unica catena in casi come questi è data dalla major discografica, che i Nomadi da oggi non hanno più. Allora, perché non osare e proporre qualcosa di forte, di originale, di "Nomade Anni Fine 70, poi 80, 90", e di molte cose buone fatte anche negli anni 2000? Niente di così assurdo, censurabile. Soltanto non vorrei ritrovarmi tra le mani un disco di inediti che venga dominato ancora una volta da testi che si rincorrono tra loro, tra passato e presente, che ci ricordino ancora una volta che la vita è bella e va vissuta, e non bisogna mai arrendersi: ok, pensiamo di averlo capito...

Vorrei che i Nomadi del prossimo disco di inediti aprissero con una frase resa nota molti anni fa da un grande conduttore televisivo: "Dunque, dove eravamo rimasti?"

 

Guido Pacitto

 

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